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L’irruzione di un virus invisibile e oscuro ha avuto un impatto straordinario in tutte le branche ordinamentali. Dal diritto civile al diritto penale, dal diritto amministrativo a quello tributario e contabile, passando attraverso il diritto processuale e quello sportivo, senza dimenticare il diritto sovranazionale, nessuna disciplina può dirsi immune agli effetti della pandemia da Covid-19.
Che conseguenze ha portato il Covid-19 nel nostro ordinamento? Il diritto del futuro sarà lo stesso, cambierà o è già in atto il cambiamento? La frenetica normativa esplosa in questi tempi è solo "diritto dell’urgenza", destinato ad estinguersi con il cessare del momento di crisi o darà lo spunto per una definitiva metamorfosi dell’ordinamento giuridico?
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24/11/2020
Tar Lazio - Emergenza Covid-19 ed ordinanze regionali di chiusura delle grandi strutture di vendita nei giorni festivi e prefestivi
argomento: Giurisprudenza
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(1) Pur accedendo alla affermata tesi del giudice costituzionale sulla insussistenza di un interesse tiranno, vale a dire di un interesse che sia sempre e comunque prevalente sugli altri interessi in gioco, dovendosi invece valutare caso per caso quale esso sia alla luce delle circostanze, la sezione, nella valutazione comparata del pregiudizio dedotto, di carattere economico e per definizione ristorabile, e di carattere sanitario, ha costantemente affermato la prevalenza dell’interesse pubblico alla tutela della salute
(2) Il fondamento comune, di tutti i provvedimenti – di natura e finalità diverse – sin qui adottati da autorità politiche governative, nazionali, territoriali e tecniche, è stato, ed è anche nel caso in esame, quello di assicurare, secondo il principio di massima precauzione, la salute dei cittadini, in quanto valore costituzionale primario e non negoziabile, tanto da comprimere – nei limiti e modi di volta in volta ritenuti indispensabili – anche l’esercizio di diversi diritti o libertà dei cittadini, primo fra tutti il diritto alla libera circolazione.
[Secondo il Presidente di Sezione del Tar capitolino, in rito, la cognizione presidenziale monocratica ex art. 56 cpa è limitata alla valutazione della sussistenza del pregiudizio grave e irreparabile, restando la cognizione del merito, anche cautelare, riservata alla sola sede collegiale, e ciò anche ove, come nella specie, il provvedimento impugnato esaurisca la propria efficacia prima che sia tenuta la relativa camera di consiglio, in difetto di specifica previsione normativa che legittimi la celebrazione di udienza collegiale straordinaria, anche da remoto; nel merito, l’ordinanza impugnata pare rientrare nelle predette coordinate ermeneutiche, risultando evidente il fine della tutela della salute pubblica anche mediante la limitazione non solo dell’accesso alle strutture della tipologia di quella ricorrente ma anche della conseguente movimentazione di popolazione, il che conduce alla reiezione della subordinata domanda di apertura solo di 2500 mq con assimilazione alle medie strutture].
Il decreto in massima richiama i principi già espressi dal giudice di appello (dec., sez. III, 26 giugno 2020, n. 3769, richiamato dall’ordinanza della stessa Sezione 17 luglio 2020, n. 4323), in questa rivista.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)
ha pronunciato il presente
DECRETO
sul ricorso numero di registro generale 9573 del 2020, proposto da
Coin S.Pa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Elisabetta Pistis, Elenia Cerchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Lazio, Presidente della Regione Lazio non costituiti in giudizio;
nei confronti
Regione Lazio, Ministero dell'Interno, Ministero della Salute, Presidente del Consiglio dei Ministri, Regione Lazio Direzione per Lo Sviluppo Economico non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia, e previa adozione di ogni opportuna misura cautelare anche ai sensi dell'art. 56 del CPA nei limiti dell'interesse, dell'Ordinanza del Presidente della Regione Lazio n. Z00066 del 13.11.2020, come rettificata dall'Ordinanza della Regione Lazio n. Z00067 del 14.11.2020; di ogni altro atto connesso e/o presupposto, inclusi gli eventuali chiarimenti interpretativi resi dalla medesima Regione e/o Presidente della Regione e di ogni altro atto a essa connesso, presupposto o conseguente anche se allo stato non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista l'istanza di misure cautelari monocratiche proposta dalla società ricorrente, ai sensi dell'art. 56 cod. proc. amm.;
visto il provvedimento impugnato, in base al quale si prevede che nei giorni festivi e prefestivi sono chiuse le grandi strutture di vendita di cui all'articolo 15, comma 1, lettera l), della l.r. 6 novembre 2019, n. 22, Testo Unico del Commercio, indipendentemente dalla tipologia di attività svolta, e comunque qualsiasi attività commerciale con una superficie di vendita superiore a 2.500 metri quadrati. Sono fatte salve le attività commerciali dirette alla vendita di generi alimentari, le farmacie, parafarmacie, le tabaccherie ed edicole;”
visto il ricorso, che ne deduce l’illegittimità per violazione del DPCM 3 11 2020 il quale, all’art.1, comma 9, lett. (ff), dispone che “nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati” , senza che vi siano i presupposti, non essendovi situazioni di aggravamento sopravvenute che possano giustificare l’imminente passaggio della Regione Lazio da zona “gialla” a zona “rossa”, senza nessuna motivazione, essendo il trend dei contagi in miglioramento, senza nessuna ragionevolezza, considerato che possono rimanere aperti gli esercizi commerciali medi e piccoli, sicchè la chiusura delle grandi strutture avrebbe unicamente l’effetto di aumentare il rischio di assembramenti all’interno dei negozi aperti (che si trovano nelle stesse aree urbane in cui si trovano le grandi strutture), determinandosi il formarsi di code in prossimità degli ingressi dei medesimi negozi, violando la parità di trattamento, posto che le grandi strutture di vendita in nulla differiscono dalle medie strutture se non per l’estensione della superficie di vendita, e non sono quindi assimilabili ai centri commerciali;
visto che la ricorrente ha peraltro chiesto in via subordinata e prima della proposizione del ricorso di limitare l’accesso alla sola superficie di 2500 mq, assimilandosi alle medie strutture di vendita, richiesta respinta dalla regione Lazio;
considerato:
che la cognizione presidenziale monocratica ex art. 56 cpa è limitata alla valutazione della sussistenza del pregiudizio grave e irreparabile, restando la cognizione del merito, anche cautelare, riservata alla sola sede collegiale, e ciò anche ove, come nella specie, il provvedimento impugnato esaurisca la propria efficacia prima che sia tenuta la relativa camera di consiglio, in difetto di specifica previsione normativa che legittimi la celebrazione di udienza collegiale straordinaria, anche da remoto;
che dunque, pur accedendo alla affermata tesi del giudice costituzionale sulla insussistenza di un interesse tiranno, vale a dire di un interesse che sia sempre e comunque prevalente sugli altri interessi in gioco, dovendosi invece valutare caso per caso quale esso sia alla luce delle circostanze, la sezione, nella valutazione comparata del pregiudizio dedotto, di carattere economico e per definizione ristorabile, e di carattere sanitario, ha costantemente affermato la prevalenza dell’interesse pubblico alla tutela della salute;
che più diffusamente, e sempre nella prospettiva monocratica di sola valutazione del pregiudizio, l’ordinanza del Consiglio di stato n.4323/2020, esattamente rileva come la prevalenza debba essere riconosciuta al principio di precauzione, che prevale anche su quello della libera determinazione dell’iniziativa economica :“L’ordinanza del Presidente della Regione Lazio è stata assunta nel quadro di numerose e diverse decisioni rimesse a plurime autorità e con natura e rango normativo differenti a partire dall’inizio della fase emergenziale sanitaria COVID 19.
Il fondamento comune, di tutti i provvedimenti – di natura e finalità diverse – sin qui adottati da autorità politiche governative, nazionali, territoriali e tecniche, è stato, ed è anche nel caso in esame, quello di assicurare, secondo il principio di massima precauzione, la salute dei cittadini, in quanto valore costituzionale primario e non negoziabile, tanto da comprimere – nei limiti e modi di volta in volta ritenuti indispensabili – anche l’esercizio di diversi diritti o libertà dei cittadini, primo fra tutti il diritto alla libera circolazione;…,”e quindi” il parametro cui la valutazione di legittimità in questa fase di sommaria delibazione si deve conformare, non possa che essere anzitutto il diritto alla salute, e alla luce di questo si debbano esaminare ulteriori, e diverse, posizioni di interesse e diritto anch’esse costituzionalmente rilevanti, quale la libera iniziativa economica privata in regime di piena concorrenza;”(ibidem)
Considerato allora che l’ordinanza impugnata pare rientrare nelle predette coordinate ermeneutiche, risultando evidente il fine della tutela della salute pubblica anche mediante la limitazione non solo dell’accesso alle strutture della tipologia di quella ricorrente ma anche della conseguente movimentazione di popolazione, il che conduce alla reiezione della subordinata domanda di apertura solo di 2500 mq con assimilazione alle medie strutture;
Ritenuto che vada invece accolta la domanda di dimidiazione di termini, consentendosi la fissazione della camera di consiglio immediatamente a ridosso della scadenza dell’efficacia dell’ordinanza impugnata;
P.Q.M.
Respinge la domanda cautelare monocratica.
Accoglie la domanda di dimidiazione dei termini e per l’effetto fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 1 dicembre 2020.
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