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L’irruzione di un virus invisibile e oscuro ha avuto un impatto straordinario in tutte le branche ordinamentali. Dal diritto civile al diritto penale, dal diritto amministrativo a quello tributario e contabile, passando attraverso il diritto processuale e quello sportivo, senza dimenticare il diritto sovranazionale, nessuna disciplina può dirsi immune agli effetti della pandemia da Covid-19.
Che conseguenze ha portato il Covid-19 nel nostro ordinamento? Il diritto del futuro sarà lo stesso, cambierà o è già in atto il cambiamento? La frenetica normativa esplosa in questi tempi è solo "diritto dell’urgenza", destinato ad estinguersi con il cessare del momento di crisi o darà lo spunto per una definitiva metamorfosi dell’ordinamento giuridico?
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27/10/2020
Tar Campania-Napoli - Emergenza Covid-19, ricerca documenti amministrativi, ricorso principale ed incidentale in materia di accesso documentale ai sensi dell'art. 116, co. 4, cpa.
argomento: Giurisprudenza
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(1) Pur non potendosi - per evidenti motivi di ragionevolezza - imporre l'ostensione di atti di cui l'amministrazione dimostri (sulla base di circostanze oggettive e circostanziate) di non essere più in possesso, tanto alla luce del principio ad impossibilia nemo tenetur, nondimeno non può essere sufficiente - al fine di dimostrare l'oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull'amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso - la mera e indimostrata affermazione in ordine all'indisponibilità degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi: per tale motivo è inconferente quanto rappresentato dal Comune laddove ha esposto che la domanda di cui si discute è stata presentata in emergenza Covid e si potevano trasmettere all’istante solo i documenti di cui si aveva la disponibilità e non quelli che non erano stati rinvenuti agli atti di ufficio neppure dopo le “accurate ricerche”
(2) In materia di acceso ai documenti amministrativi il ricorso incidentale deve più correttamente qualificarsi come ricorso autonomo quando è meramente occasionato dal gravame principale ma non con effetto propriamente paralizzante di quest’ultimo, con conseguente tempestività dello stesso dovendosi il dies a quo di decorrenza del relativo termine individuare nella conoscenza effettiva dell’atto ivi impugnato.
(3) Il giudizio di bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e la posizione giuridica sottesa alla richiesta di accesso, deve essere operato in concreto e caso per caso, in base alla pretesa azionata o azionabile in giudizio e non, invece, in relazione alla posizione lesa costituente presupposto dell'azione.
[Secondo il Tar partenopeo, in materia di accesso ai documenti relativi al procedimento concorsuale o di gara da parte di chi vi abbia partecipato, l'interesse «sottostante», che legittima all'esercizio del diritto di accesso, è ravvisabile, di fatto, in re ipsa, con riguardo alla corretta modalità di esercizio del potere selettivo. Inoltre e come già in precedenza accennato, l'interesse all'accesso rappresenta una situazione giuridicamente autonoma e non necessariamente coincidente in senso stretto con quello all'impugnativa di un provvedimento amministrativo. Proprio l'autonomia dell'interesse all'accesso comporta l'irrilevanza della circostanza che gli atti concorsuali oggetto della domanda siano divenuti, in tesi, definitivi ed inoppugnabili, nonché dell'eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente - una volta conosciuti gli atti - potrebbe proporre].
FATTO e DIRITTO
La ricorrente è attualmente impiegata nel ruolo di Sociologo, titolare di un rapporto a tempo indeterminato part-time 85%, presso l’Ufficio di Piano - Ambito Territoriale N 32 – Comune Capofila – Comune di Sant’Antonio Abate.
Il ruolo è stato assegnato a seguito del superamento del concorso pubblico riservato per esami, ai sensi dell'art. 20, comma 2, D.Lgs 75/2017, per la stabilizzazione del personale dell'Ufficio di Piano Ambito N 32, indetto con determinazione dirigenziale n. 1074 del 05.09.2019.
Alla sopra citata determinazione ha fatto seguito la contrattualizzazione, avvenuta in data 01.10.2019.
Tramite la medesima selezione pubblica il Comune di S. ha assunto la dott. ssa C., odierna controinteressata.
Prima di veder contrattualizzata la propria posizione lavorativa, la ricorrente e la controinteressata, avevano già partecipato ad un’atra procedura concorsuale per il medesimo ufficio, giusta determinazione n. 1286 del 12.12.2014.
Con determinazione n. 599 del 29.6.2015 venivano approvati gli atti e la graduatoria di merito e conferito l’incarico alla ricorrente di esperto sociologo, con decorrenza dall’1.7.2015 al 30.6.2018.
Successivamente, con la circolare n. 3/2017, il Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, fornendo indirizzi sull’applicazione del decreto legislativo 25 marzo 2017 n. 756, ha chiarito che l’art. 20 del d.lgs. 75/2017 consente alle Amministrazioni, per il triennio 2018 – 2020, di bandire procedure concorsuali riservate, in misura non superiore del 50% dei posti disponibili, per l’assunzione a tempo indeterminato del personale interno non dirigenziale.
A valle dell’espletamento della relativa procedura riservata prevista dalla richiamata circolare n. 3/2017, sono stati assunti a tempo indeterminato in forma part – time 85% presso l’Ambito resistente, oltre alla ricorrente anche la dott.ssa C. ed un terzo soggetto.
Pertanto si è proceduto all'assunzione a tempo indeterminato part time 85% con decorrenza dal 01/10/2019.
In fatto, secondo la prospettazione di parte ricorrente, l’assunzione delle suddette figure professionali nella forma del rapporto part-time è dipesa dall’impossibilità economica dell’Ambito di assumere i concorrenti idonei con un contratto full-time, benché in astratto fossero in possesso dei titoli idonei, e l’Ambito avrebbe proceduto all’assunzione in parola nei limiti delle risorse economiche e delle esigenze previste nel programma dei fabbisogni del personale e negli atti di programmazione finanziaria.
Inoltre, avrebbe appreso che la controinteressata sarebbe carente dei titoli necessari per la partecipazione all’avviso di selezione per titoli e colloqui, anno 2014, nonché per il successivo adeguamento contrattuale.
Siffatta circostanza ha determinato, con nota prot. 253/is del 9.3.2020, istanza di accesso agli atti finalizzata alla presa visione ed all’estrazione in copia della seguente documentazione:
- “della domanda della dott.ssa C. di ammissione alla selezione pubblica per titoli e colloqui – anno 2014 - per il reperimento di figure professionali necessarie per lo svolgimento delle attività dell’Ufficio di Piano presso l’Ambito Territoriale N 32 – Comune Capofila – Comune di Sant’Antonio Abate in uno ai dei titoli prodotti, alle autodichiarazioni rese, al curriculum vitae ed a tutti i relativi allegati alla documentazione in parola;
- del contratto di impiego;
- di tutti gli atti adottati da Codeste Amministrazioni, ciascuna per quanto di propria rispettiva competenza, con cui è stata valutata e disposta l’assunzione della dott. ssa C., ivi compreso l’avviso con cui è stata comunicata l’intenzione di avviare la selezione per il reperimento della suddetta figura professionale, nonché degli atti relativi ad eventuali precedenti rapporti contrattuali intercorsi tra la dott. ssa D. ed Comune di Sant’Antonio Abate ovvero con l’ Ufficio di Piano - Ambito Territoriale N 32;
- più in generale di tutti i documenti inerenti l’avvenuta contrattualizzazione del rapporto di lavoro tra la dott.ssa .. e Codesto Ambito”.
In riferimento alla istanza sopra citata il Comune di Sant’Antonio Abate è rimasto inizialmente inerte con la conseguente formazione del silenzio-diniego oggetto di censura mediante il ricorso iniziale depositato in data 6.07.2020.
Successivamente, l’Amministrazione ha emanato un provvedimento, prot. n. 28072 del 13.7.2020, trasmesso a mezzo PEC in data 13.7.2020, con cui ha comunicato di non aver rinvenuto parte della documentazione richiesta con l’istanza di accesso.
Ciò ha comportato, su piano processuale, l’improcedibilità per carenza di interesse del ricorso iniziale per essere venuta meno l’originaria situazione di inerzia, concentrandosi l’esigenza decisionale di parte ricorrente sulla legittimità di siffatto sopravvenuto provvedimento ritualmente gravato con ricorso per motivi aggiunti, ove si deduce violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3 e 24 L. 241/90; art. 97 Cost.), violazione e falsa applicazione dell’art. 68 del DPR 445/2000, violazione e falsa applicazione del piano di conservazione del Comune di Sant’Antonio Abate, eccesso di potere, violazione del giusto procedimento, sulla genericità della motivazione, sulla violazione del principio di trasparenza.
Si costituivano l’amministrazione comunale intimata, concludendo per il rigetto del gravame, e la contro interessata che spiegava altresì ricordo incidentale.
Alla camera di consiglio del 9 ottobre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
Quanto al ricorso incidentale – più correttamente da qualificarsi come ricorso autonomo, meramente occasionato dal gravame principale ma non con effetto propriamente paralizzante di quest’ultimo, con conseguente tempestività dello stesso dovendosi il dies a quo di decorrenza del relativo termine individuare nella conoscenza effettiva dell’atto ivi impugnato - lo stesso non si presenta sorretto da fondate censure e va pertanto rigettato. Ed, invero, per un verso, il ricorrente principale appare fornito di adeguata legittimazione differenziata e qualificata in ragione, come meglio esplicitato in seguito, della titolarità di un interesse diretto, concreto ed attuale, non inciso dalla asserita inoppugnabilità dei documenti oggetti di richiesta ostensiva e sufficientemente correlato, quanto ad onere motivazionale, all’aspirazione di un contratto full-time; per altro verso, trattasi di documentazione specificamente individuata, comunque detenuta (e cioè stabilmente acquisita, a prescindere dalla modalità di conseguimento) dall’amministrazione e non involgente profili di rafforzata riservatezza.
Sul punto si precisa che non si tratta nella specie di dati riservati, né il curriculum vitae risulta sempre ostativo all’accoglimento dell’istanza proprio in ragione dell’art. 24, comma 6 lett. d), l. 241/1990, ovvero quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono.
Sul punto, con una disposizione ricca di implicazioni interpretative, il legislatore stabilisce che:
- nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile;
- in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, l'accesso è consentito nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
La questione merita un approfondimento.
Il rapporto tra il diritto di accesso e la tutela della riservatezza dei soggetti terzi è stato ripetutamente regolamentato dal legislatore: invero, a partire dall'emanazione della L. n. 241/1990, fino al D. Lgs. n. 196/2003 (c.d. Codice della Privacy), ed infine la L. n. 15/2005, con cui è stato riformulato l'originario articolo 24 della L. n. 241/1990.
Allo stato attuale, quindi, il rapporto tra il diritto di accesso ed il diritto alla protezione dei dati personali risulta regolato attraverso il coordinamento delle disposizioni dettate dal D. Lgs. n. 196/2003 con le disposizioni contenute nell'art. 24, comma 7, della Legge n. 241/90.
La tutela della riservatezza dei dati personali, perciò, viene così regolamentata.
Per i dati comuni della persona, l'art. 59 del D. Lgs. n. 196/03, considerata l'assenza di una disciplina specifica e derogatoria delle ordinarie prescrizioni dettate dalla legge n. 241/90, prevede l'applicazione della normativa vigente in materia di accesso: di conseguenza, l'istante potrà ottenere l'ostensione dei documenti contenenti dati comuni afferenti alla sfera privata di soggetti terzi qualora egli dimostri di vantare un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso. L'accesso ai documenti amministrativi deve comunque essere garantito per la cura o la difesa degli interessi giuridici del richiedente.
Per ciò che concerne i dati sensibili il D.lgs. n. 196/03 specifica che essi sono «i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale» (art. 4, comma 1, lett. d).
L'accesso a questo tipo di dati personali è regolamentato anche esso dalla legge n. 241/90, per effetto dell'esplicita previsione contenuta nell'art. 59 del D. Lgs. n. 196/03.
Con riferimento a tali dati, la cui disciplina viene accostata a quella dei dati giudiziari, l'art. 24 della Legge n. 241/1990 individua una disciplina particolare e più stringente in tema di esercizio del diritto di accesso, per effetto della quale l'amministrazione cui è richiesta l'ostensione ed il giudice adito in sede di tutela giurisdizionale, possono consentire l'accesso nei limiti in cui esso risulti strettamente indispensabile per la cura e la difesa degli interessi giuridici dell'istante: l'accesso è quindi consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile, ossia come extrema ratio.
L'esercizio del diritto di accesso incontra dei limiti ancor più stringenti in ordine ai dati c.d. “sensibilissimi”, dovendosi includere in questa categoria quel particolare tipo di dati sensibili relativi allo stato di salute e alla vita sessuale della persona.
In questo senso, l'art. 60 del D. Lgs. n. 196/2003 prevede espressamente che «quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, esso è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile».
Alla luce di questa previsione normativa, all'amministrazione richiesta dell'ostensione dei documenti ed al giudice amministrativo in sede di tutela giurisdizionale viene attribuito il compito di valutare in concerto l'interesse sotteso all'istanza di accesso e di compararlo con quello alla riservatezza dei dati relativi alla salute e alla vita sessuale della persona, onde verificare la sussistenza effettiva dei presupposti individuati dalla legge ai fini dell'accesso a questa particolare tipologia di dati personali.
Il giudizio di bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e la posizione giuridica sottesa alla richiesta di accesso, deve essere operato in concreto e caso per caso, in base alla pretesa azionata o azionabile in giudizio e non, invece, in relazione alla posizione lesa costituente presupposto dell'azione.
Calando in concreto l’argomentazione fin qui esposta, si tratta di un’eccezione ulteriore sulla quale la giurisprudenza ha chiarito che il curriculum, come nella specie, non sempre contiene informazioni legate allo stato di salute, all’orientamento sessuale o politico (dati sensibili o sensibilissimi); pertanto, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, visionare meramente le competenze acquisite dai concorrenti, al fine di comprendere le scelte dell’amministrazione, rappresenta l’espressione massima della trasparenza e del buon andamento tali da non arrecare pregiudizio alla controinteressata.
Ne consegue per tali ragioni complessivamente il rigetto del ricordo incidentale, più correttamente da riqualificare nei sensi di cui sopra.
Passando al ricorso principale e ribadita l’improcedibilità di quello iniziale per sopravvenuta carenza di interesse a seguito dell’esplicito provvedimento adottato dall’ente, va accolto, in quanto fondato, il ricorso per motivi aggiunti alla luce delle seguenti argomentazioni.
In materia di accesso ai documenti relativi al procedimento concorsuale o di gara da parte di chi vi abbia partecipato, l'interesse «sottostante», che legittima all'esercizio del diritto di accesso, è ravvisabile, di fatto, in re ipsa, con riguardo alla corretta modalità di esercizio del potere selettivo.
Inoltre e come già in precedenza accennato, l'interesse all'accesso rappresenta una situazione giuridicamente autonoma e non necessariamente coincidente in senso stretto con quello all'impugnativa di un provvedimento amministrativo. Proprio l'autonomia dell'interesse all'accesso comporta l'irrilevanza della circostanza che gli atti concorsuali oggetto della domanda siano divenuti, in tesi, definitivi ed inoppugnabili, nonché dell'eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente - una volta conosciuti gli atti - potrebbe proporre.
Allo stato, pur non potendosi - per evidenti motivi di ragionevolezza - imporre l'ostensione di atti di cui l'amministrazione dimostri (sulla base di circostanze oggettive e circostanziate) di non essere più in possesso, tanto alla luce del principio ad impossibilia nemo tenetur, nondimeno non può essere sufficiente - al fine di dimostrare l'oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull'amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso - la mera e indimostrata affermazione in ordine all'indisponibilità degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi.
Né tantomeno mere ragioni organizzative della p.a., nemmeno esternate nel caso di specie, possono essere di ostacolo all’attenta ricerca degli atti in parola.
Per tale motivo è inconferente quanto rappresentato dal Comune laddove ha esposto che la domanda di cui si discute è stata presentata in emergenza Covid e si potevano trasmettere all’istante solo i documenti di cui si aveva la disponibilità e non quelli che non erano stati rinvenuti agli atti di ufficio neppure dopo le “accurate ricerche”.
Il comportamento del Comune non può apprezzarsi laddove si consideri che non ha attestato nemmeno di aver smarrito i documenti in parola, limitandosi a rappresentare di non aver rinvenuto alcunché, senza dare atto dell’attività di ricerca eventualmente svolta, seppur genericamente citata.
L’amministrazione comunale si limita a riferite, con riguardo alla restante documentazione richiesta dalla ricorrente che questa non è stata reperita agli atti.
Tale motivazione è manifestamente generica.
Sul punto, parte resistente deve dare conto delle circostanze di fatto che hanno impedito la ricognizione dei documenti cui la ricorrente chiede di avere accesso, e la mera dichiarazione in ordine all'irreperibilità degli stessi non è idonea ad adempiere l'obbligo di puntuale motivazione del provvedimento di diniego.
Fermo restando quindi il principio generale secondo cui il diritto di accesso può essere esercitato solo con riferimento a documenti materialmente esistenti e detenuti da una pubblica amministrazione (cfr. art. 2 D.P.R. n. 184/2006), quando la documentazione richiesta sia andata perduta o comunque non venga trovata dall'amministrazione, la stessa è tenuta ad indicare quantomeno le concrete ragioni dell'impossibilità di reperire gli atti smarriti, evidenziando la specifica attività di ricerca operata a tal fine.
In mancanza il provvedimento dovrà ritenersi non motivato e quindi illegittimo, non essendo in ogni caso ammissibile una generica affermazione circa l'assenza del documento disancorata da qualsiasi dato oggettivo (TAR Sardegna – Cagliari, 2^, 8.4.2013 n. 276 e TAR Calabria – Reggio Calabria, 1^, 30.1.2018 n. 43).
In tali termini va accolto il ricorso per motivi aggiunti con annullamento in parte qua del provvedimento ivi gravato.
Nelle peculiarità delle questioni trattate il Collegio ravvisa, tuttavia, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c., eccezionali ragioni per l'integrale compensazione delle spese del grado di giudizio tra le parti.
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